Lo Scompenso Cardiaco

Cos'è

Lo scompenso cardiaco è una sindrome clinica che si manifesta quando il cuore non ha più la capacità di pompare una quantità di sangue necessaria alle esigenze metaboliche dell’organismo. Tale patologia risulta essere relativamente frequente ed in continuo aumento colpendo circa l’1-2% della popolazione adulta nei paesi industrializzati, con una prevalenza di circa il 10% tra le persone con un’età superiore ai 70 anni (“6 milioni di persone in Europa, di cui circa 600.000 in Italia”). 

Quali sono le cause

Lo scompenso cardiaco può essere il risultato finale di molte patologie che colpiscono il sistema cardiovascolare. Le cause più comuni sono:

  • la Cardiopatia Ischemica (infarto o restringimento fino all’occlusione delle arterie che irrorano il cuore),

  • l’Ipertensione Arteriosa (aumento della pressione sanguigna)

  • le Cardiomiopatie (patologie del muscolo cardiaco)

  • le Valvulopatie (patologie delle valvole cardiache).

Tali condizioni con il passare del tempo provocano, mediante meccanismi diversi, un danno progressivo al cuore che finisce col dilatarsi perdendo progressivamente la propria forza di contrazione necessaria a garantire il giusto apporto di sangue all’organismo.

 
Quali sono i sintomi

Lo scompenso cardiaco è una malattia progressiva, ossia tende a peggiorare col passare del tempo e, dunque, può dare sintomi sfumati nelle fasi iniziali.

Il sintomo più comune è l’affanno (dispnea) che può iniziare fin dalle fasi precoci dello scompenso cardiaco come una “mancanza d’aria” che compare durante lo svolgimento di attività fisiche che prima erano ben tollerate.  

Altro sintomo comune è la stanchezza (astenia) che compare precocemente durante lo svolgimento di attività fisiche quotidiane.

Il paziente con scompenso cardiaco, inoltre, può lamentare il gonfiore alle caviglie (edemi declivi), segno di ritenzione di liquidi che comporta spesso la necessità di instaurare la terapia con diuretici.

 
Come si fa la diagnosi

Visita cardiologica

La diagnosi di scompenso cardiaco inizia sempre con la valutazione della storia clinica del paziente (anamnesi) e con la visita cardiologica che consente di valutare i segni ed i sintomi tipici sopracitati.

 

Elettrocardiogramma

Tale esame registra l’attività elettrica del cuore. Nel paziente con scompenso cardiaco l’ECG può essere normale o, più frequentemente, presentare una serie di alterazioni aspecifiche.

 

Ecocardiogramma

Questa è una  metodica non invasiva che utilizza onde sonore per produrre immagini del cuore consentendo di visualizzarne l’anatomia ed il funzionamento. In particolare, nei pazienti affetti da scompenso cardiaco l’ecocardiogramma consente di stabilire il grado di dilatazione del cuore e la sua capacità di pompare sangue. In tal senso, l’indice più importante della funzione cardiaca è un parametro chiamato “frazione di eiezione (EF)”. Quando la frazione di eiezione è inferiore al 40% il paziente è particolarmente esposto al rischio di morte improvvisa (arresto cardiaco).

 

Altre indagini

A volte possono essere necessarie altri esami quali Risonanza Magnetica Cardiaca, Coronarografia (se si sospetta una causa ischemica).

 
Come si cura

 

Lo scompenso cardiaco è una patologia progressiva e le misure terapeutiche sono volte a rallentare la sua progressione, alleviare i sintomi e prevenire la morte improvvisa. Il trattamento dello scompenso cardiaco si avvale di farmaci e della terapia elettrica.

 

I farmaci

I farmaci rappresentano la prima “arma” da utilizzare per rallentare la progressione della malattia cardiaca e per alleviare i sintomi. I farmaci più impiegati sono gli ACE-Inibitori, i Sartani, i Beta-Bloccanti, ed i Diuretici. In una buona percentuale di pazienti, la sola terapia farmacologica è in grado di garantire una buona qualità di vita e la stabilizzazione della malattia. Spesso, però, i farmaci da soli non sono efficaci nel prevenire completamente le gravi conseguenze dello scompenso come la morte improvvisa.

 

La terapia elettrica: il Defibrillatore

Quando la frazione di eiezione è inferiore al 40% il paziente è esposto al rischio di morte improvvisa. Oggi tale rischio risulta essere praticamente azzerato dall’impianto sottocutaneo di un defibrillatore (apparecchio poco più grande di un pace-maker) il quale è in grado di restituire al cuore il ritmo normale in caso di arresto cardiaco. L’intervento di impianto del defibrillatore è molto semplice, dura circa 1-2 ore ed è eseguito solitamente in anestesia locale. Consiste in un piccolo taglio di circa 4 centimetri in sede pettorale e nella creazione in un alloggiamento sotto la cute nel quale viene inserito il dispositivo. Il defibrillatore viene collegato al cuore mediante sottili fili, chiamati elettrocateteri, che vengono inseriti attraverso le vene. Le complicanze del defibrillatore sono poche e, di solito, facilmente risolvibili. Il defibrillatore è come un guardiano che controlla continuamente il battito cardiaco e, in caso di aritmie pericolose per la vita del paziente, interviene automaticamente attraverso una scarica elettrica che fa “ripartire” il cuore.

Nonostante le attuali linee guida considerino la terapia elettrica con defibrillatore il trattamento più efficace nel ridurre la mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco severo (frazione di eiezione inferiore a 35-40%) attualmente, a causa di una incompleta informazione, meno della metà dei pazienti che si potrebbero giovare del defibrillatore viene indirizzata all’impianto.

 

La terapia elettrica: la Resincronizzazione (CRT)

Il cuore di un paziente affetto da scompenso cardiaco in molti casi (complesso QRS slargato, blocco di branca sinistro) non si contrae in maniera regolare e spesso la parte destra si contrae prima di quella sinistra, provocando un grave squilibrio (asincronia) con ulteriore riduzione della funzione cardiaca ed aggravamento sia dei sintomi che della prognosi.

Oggi è possibile intervenire e correggere questa grave alterazione, mediante l’impianto di un particolare tipo di defibrillatore chiamato “biventricolare”. Rispetto al defibrillatore tradizionale è necessario aggiungere un terzo elettrocatetere che deve essere posizionato sulla parte sinistra del cuore per ripristinare la normale “sincronia” cardiaca.

Questo migliora la capacità del cuore di pompare sangue e ossigeno al resto del corpo. 

La resincronizzazione, associata a un programma terapeutico completo, ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza in una percentuale di pazienti superiore al 70% e di migliorare la qualità della vita, riducendo i sintomi dello scompenso cardiaco, aumentando la tolleranza allo sforzo e consentendo a molti pazienti affetti da scompenso cardiaco di ricominciare a svolgere le normali attività quotidiane.

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